[ urn:collectio:0001:doc:antichestanze:1997 ]

Indice antcom:01601 antcom:01630 antcom:01636 antcom:01637 antcom:01641 antcom:01652 antcom:01653 antcom:01663 antcom:01673 antcom:01676 antcom:02148 antcom:02180 antcom:04200 antcom:04911 antcom:05158 antcom:05170 antcom:06554 antcom:13682 antcom:14044 antcom:14056 antcom:14810 antcom:2144 antcom:6537

La Casa della “lettiga capitolina” ed altri materiali dal Monte della Giustizia nelle collezioni capitoline

I MATERIALI

A) CASA DELLA LETTIGA CAPITOLINA:

2. Catino a conchiglia urn:collectio:0001:antcom:02180 .

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 2180. Bronzo. Diam. cm. 45.

Grande catino a forma di conchiglia, con ampia e profonda vasca baccellata e breve orlo estroflesso. Le baccellature si interrompono sul fondo lasciando al centro una zona circolare piana, con piatte costolature concentriche all'interno, a cui poteva forse essere saldato esternamente un piede. [1]Il pezzo è piuttosto rovinato, con evidenti ammaccature, e frammentario in più punti; la superficie si presenta alquanto alterata.

La particolare e raffinata forma a conchiglia si ritrova anche in esemplari di dimensioni minori, di bronzo e d'argento, da Pompei e Boscoreale, interpretati a seconda dei casi come stampi da pasticceria o piatti da portata. [2]Non è il caso di questo recipiente, che in ragione della sua grandezza deve essere stato usato come catino per abluzioni, [3]per l'igiene personale o più probabilmente nel corso dei pasti, come è confermato dal suo rinvenimento in un ambiente triclinare; l'usanza di lavare le mani tra una portata e l'altra, resa necessaria dalla scarso uso che i romani facevano delle posate, è testimoniata dalla ricorrente presenza di un catino, a volte a forma di conchiglia o più spesso baccellato, nella maggior parte dei tesori di argenteria con servizi di vasellame. [4]

Bibliografia: LANCIANI 1872-73 b, p. 88.

3. Sedile pieghevole urn:collectio:0001:antcom:6537 .

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 6537, 6554 urn:collectio:0001:antcom:06554 , 14044. urn:collectio:0001:antcom:14044 Bronzo e ferro. Lungh. Max. cm. 28.

Del sedile pieghevole restano cinque frammenti, che conservano parte dell'armatura in ferro, piuttosto corrosa, ed alcuni degli elementi in bronzo che la decoravano. La superficie dei due bustini maschili panneggiati sorgenti da un calice vegetale, [5]identici tra loro, è piuttosto danneggiata ed alterata, tanto da rendere quasi irriconoscibili le fattezze del volto ed i particolari della figura. Sul retro, in corrispondenza della base del calice, si innestavano gli elementi della struttura portante del sedile; solo uno dei due personaggi ha conservato un resto dell'intelaiatura di ferro, costituita da un'asta rettilinea con una traversa disposta ad angolo retto. Rimangono anche tre frammenti della parte inferiore del sedile, con aste verticali di ferro che erano raccordate da traverse orizzontali ad esse perpendicolari. Le estremità delle gambe hanno rivestimenti in bronzo a forma di piede umano (ne sono conservati solo tre); sul piede nudo si distinguono a fatica i lacci di un sandalo a basso rilievo, stretti attorno alla caviglia e collegati alla suola da strisce piatte.

Gli elementi superstiti fanno supporre che il sedile fosse costituito da due telai rettangolari, intersecantesi probabilmente per mezzo di uno snodo al centro dei lati verticali; in posizione di apertura le gambe dovevano risultare oblique rispetto al pavimento, come si può dedurre dall'ottusità dell'angolo che nel rivestimento bronzeo il piede forma con la caviglia. Pur se molto frammentario questo oggetto è interessante per la ricostruzione di questo tipo di mobili, di cui solitamente restano solo i piedini di bronzo senza alcuna parte della struttura, che doveva essere di ferro o più comunemente di legno. Nel Museo G. M. Kam di Nijmegen in Olanda è conservata una sedia pieghevole con armatura in ferro e piedini in bronzo, ma ha la forma di una sedia curule [6]

Bibliografia: LANCIANI 1872-1873 b, p. 88.

4. Busto di Marte urn:collectio:0001:antcom:01637 .

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 1637. Bronzo e ferro. Alt. cm. 17; lungh. punta ferro cm. 10.

Busto di Marte con alto elmo crestato e mantello drappeggiato attorno alle spalle come ad incorniciare il torace, nudo fino a sotto il petto ed attraversato obliquamente da un balteo da cui il dio sta estraendo con la mano destra la spada. Di quest'ultima è visibile soltanto l'impugnatura, ornata con incisioni triangolari, ed incise sono anche le foglie di edera disposte in fila sul balteo, le minute decorazioni sull'elmo ed i particolari delle piume della cresta; con sottili file di trattini paralleli sono poi sottolineati gli orli del balteo e le pieghe del panneggio. La testa è leggermente girata verso sinistra ed i capelli si dispongono in file sovrapposte di riccioli inanellati, di scarsa plasticità; la pupilla incavata presuppone l'inserzione di un materiale diverso dal bronzo, per una più efficace resa dello sguardo. Il braccio destro, completamente in vista, ha proporzioni disarmoniche rispetto al resto del corpo, risultando sottile; la mano è eseguita in maniera poco accurata. In basso, ai lati del busto, spuntavano due piccolissime volute, ma di quella di sinistra resta solo l'attacco. Alle spalle è applicata una specie di ansa curvilinea piatta, di dubbia interpretazione, mentre aveva sicuramente la funzione di fissaggio ad un qualche supporto la lunga punta di ferro, a sezione rettangolare, che fuoriesce sul retro dal centro della figura.

Un busto molto simile a questo anche nelle proporzioni, nel commercio antiquario, [7]sorgeva però da un calice vegetale e doveva essere utilizzato per un scopo diverso perché sprovvisto della punta sul lato posteriore; lo schema della figura si ripete, con alcune variazioni in un'elemento decorativo in bronzo dorato dalla Dacia, [8]datata in età traianea, dove al posto della spada è raffigurato uno scudo. [9]

Bibliografìa: LANCIANI 1872-1873 a, p. 8; BCom 1872-1873, 300 n. 9; STUART JONES 1926, p. 293 n. 28, tav. 117.; COLINI 1929, tav. LX.

5. Lucerna piriforme con ansa urn:collectio:0001:antcom:01673 terminante a protome equina.

(Carla Martini)

Inv. AntCom 1673. Bronzo. Lungh. cm. 23; largh. cm. 10,4; alt. cm. 6,2.

Lucerna monolicne con corpo piriforme. La spalla è formata da un listello piatto che delimita tutta la lucerna; il disco ed il canale del becco sono uniti senza soluzione di continuità ed il foro d'immissione è di forma cuoriforme. Il becco è di forma semilunata. L'ansa ricurva e fortemente sopraelevata termina con una protome equina. La base è ad anello fortemente incavata.

La lucerna appartiene al tipo V del Museo Nazionale Romano [10] ed al tipo III della Valenza Mele; [11]l'origine della produzione è probabilmente da far risalire alla metà del I sec. a. C. sebbene il periodo di maggior diffusione si possa collocare intorno alla metà del I sec. d. C. con prosecuzione nel secolo successivo.

Bibliografia: BCom 1872-1873, p. 302 n. 24.

6. Lucerna piriforme con ansa urn:collectio:0001:antcom:01663 terminante a maschera teatrale.

(Carla Martini)

Inv. AntCom 1663. Bronzo. Lungh. cm. 17,2; largh. cm. 7,2; alt. cm. 4,4.

Lucerna monolicne con corpo piriforme. La spalla è formata da un listello piatto che delimita tutta la lucerna; il disco ed il canale del becco sono uniti senza soluzione di continuità ed il foro d'immissione è di forma cuoriforme. Il becco è di forma semilunata. L'ansa ricurva e fortemente sopraelevata termina con una protome umana. La base è ad anello fortemente incavata.

La testa presenta un copricapo semilunato, i capelli sono raccolti in riccioli simmetrici sulla fronte e ricadono in boccoli ai lati del volto, sotto il mento è impostata una palmetta rovescia. La bocca aperta ha labbra appenna accennate, il naso è pronunciato e gli occhi sono piuttosto incavati. Un confronto preciso è con una lucerna del Museo Nazionale Romano. [12]

La lucerna appartiene al tipo V del Museo Nazionale Romano [13] ed al tipo III della Valenza Mele. [14]

Bibliografia: BCom 1872-1873, p. 302 n. 25.

7. Lucerna a becco tondo urn:collectio:0001:antcom:01676 .

(Carla Martini)

Inv. AntCom 1676. Bronzo. Lungh. cm. 9; largh. cm. 6,9; alt. cm. 2,9.

Lucerna monolicne con corpo globulare a becco tondo ed ampio foro centrale; il disco concavo copre gran parte del corpo superiore della lucerna inspessendosi sul bordo, il becco tondo è unito direttamente alla spalla. La base è ad anello fortemente incavata. Una piccola aletta si conserva sul lato destro del corpo, nei pressi dell'attacco del becco, mentre traccia di un'altra è visibile sul lato opposto in posizione simmetrica.

La lucerna trova confronto con un esemplare proveniente da Ercolano [15] e si può attribuire al tipo 5b della Valenza Mele, [16]corrispondente al sottotipo "a" delle "lucerne a becco tondo" della classificazione delle lucerne di bronzo di Ercolano e Pompei. [17]Il tipo è paragonato dalla Valenza Mele [18] a quello di alcuni esemplari fittili attribuibili alla fabbrica cnidia di Romanensis la cui attività si colloca tra la seconda metà del I sec. d. C. ed il II secolo considerando gli esemplari bronzei prototipi di quelli fittili e facendoli risalire ad epoca precedente; questo tipo, pur se non tra i più comuni, risulta diffuso lungo tutta l'età imperiale.

Bibliografìa: BCom 1872-1873, p. 302 n. 28.

8. Lucerna a becco tondo urn:collectio:0001:antcom:01653 con triplice catenella.

(Carla Martini)

Inv. AntCom 1653. Bronzo. Lungh. cm. 11,4; largh. cm. 9,4; alt. cm. 3,1.

Lucerna a sospensione con corpo rotondo e spalla ampia e arrotondata, disco concavo con ampio foro centrale; il becco tondo presenta la superfìce superiore leggermente ribassata rispetto al suo bordo ed alla spalla da cui è separato da un motivo cuoriforme capovolto; il fondo è piatto. Sui bordi della spalla sono tre anelli per l'attacco delle catenelle di sospensione, realizzate a maglie larghe, che si vanno ad unire in un grande anello.

Per questo esemplare non si sono trovati confronti diretti ma si può considerare una variante del tipo "a becco tondo" corrispondente al tipo 5b della Valenza Mele. [19]

Bibliografìa: BCom 1872-1873, p. 302 n. 26.

9. Lucerna bilicne a volute urn:collectio:0001:antcom:14810 .

(Carla Martini)

Inv. AntCom 14810. Bronzo. Lungh. cm. 20; largh. cm. 12,6; alt. cm. 4,9.

Lucerna bilicne a volute con corpo globulare ed ampia spalla arrotondata; il disco è aperto e delimitato da un bordo ribassato sul quale probabilmente poggiava il coperchio; i becchi sono allungati e terminanti ad ogiva. Tutta la superfìcie della lucerna è coperta da una ricca ed elegante decorazione floreale, incisa ed a rilievo, composta da palmette, foglie costolate e fiori di loto. Nella parte posteriore del corpo doveva essere saldata una ansa, come testimoniano sia le tracce sulla superficie sia lo sbilanciamento della lucerna causato dall'eccessivo peso dei due becchi, che fu fissata in un secondo momento con chiodi dei quali rimangono i fori.

La lucerna si deve attribuire al tipo cosiddetto "a volute ridotte ad apofìsi"; [20]tale tipo è il risultato di un'evoluzione che vede il progressivo ridursi delle volute, ormai del tutto scomparse, fino al punto di rendere solo le loro protuberanze aggettanti rese con una specie di bottoni ed in genere decorate con motivo a rosetta.

La datazione del tipo si può collocare nella metà del I sec. d. C..

Bibliografia: BCom 1872-1873, p. 301 n. 22.

10. Lucerna con Dioscuro urn:collectio:0001:antcom:04911 .

(Carla Martini)

Inv. AntCom 4911. Argilla nocciola con tracce di vernice arancio. Lungh. cm. 13,5; largh. cm. 10,5; alt. cm. 3,1.

La lucerna presenta un corpo ampio e rotondo ricostituito da vari frammenti ed integrazioni in gesso. Il becco, completamente di restauro, doveva essere corto e tondo e conserva parte della superficie superiore a forma di cuore nel punto di attacco al corpo. La spalla, ampia, arrotondata e spiovente verso l'esterno, è separata dal disco da un'unica modanatura. Il disco, leggermente concavo, è decorato con la figura di uno dei Dioscuri con il suo cavallo. Il Dioscuro, stante ed in posizione frontale, è raffigurato nudo ad eccezione di un mantello gettato sulla spalla sinistra e ricadente sul dorso, regge con la mano destra una spada, inguainata e rivolta verso l'alto, e con la sinistra il morso del cavallo verso il quale la divinità volge il capo; sulla testa indossa il pileo sul quale si intravvede la caratteristica stella.

La raffigurazione trova confronto con una lucerna del British Museum [21] appartenente come il nostro esemplare al tipo Bailey Qiv databile tra il 175 ed il 225 d. C..

Il fondo, piatto e delimitato da un anello a rilievo, presenta al centro il bollo RAEGRA impresso. Il bollo [22] risulta trovarsi su lucerne del tipo Dressel 28 [23] ed è conosciuto anche nella variante RAECRA; [24]l'officina sembra operante tra l'ultimo quarto del II sec. ed il primo quarto del III sec. d. C..

Bibliografia: BCom 1872-1873, p. 307 n. 121; CIL XV, 2, 6656, 1; MERCANDO 1962, p. 27 n. 13 e p. 45 vetr. VI, 13.

11. Lucerna con natura morta urn:collectio:0001:antcom:04200 .

(Carla Martini)

Inv. AntCom 4200. Argilla con tracce di vernice nocciola. Lungh. cm. 13,9; largh. cm. 8,7; alt. cm. 2,8.

Lucerna con corpo rotondo, becco triangolare con due volute ed ansa forata; il fondo presenta tre anelli concentrici a rilievo; la spalla è stretta e arrotondata ed è separata dal disco da un anello a rilievo. Il disco è decorato da una scena di natura morta probabilmente ambientata all'interno di una bottega. Su due banconi, posti in primo piano, sono disposti, a sinistra, una focaccia sistemata su un piatto tondo accanto alla quale è un coltello a paletta ed un ramoscello di mirto e, a destra, una fiaschetta ed una piccola bottiglia con tappo; sulla mensola sovrastante si vedono tre ravanelli e forse un cespo di insalata. Su uno dei fianchi del corpo della lucerna, vicino l'ansa, è incisa la firma del fabbricante in carattere corsivo; tale firma, molto mal conservata, è stata decifrata dalla Guarducci come Possesoris. [25]

La lucerna appartiene, come la precedente con scena di porto, [26]al tipo Deneauve Xa [27] proponendo le stesse incertezze per la datazione e per l'identificazione dell'area di produzione.

In particolare il bollo Possesoris è stato ricollegato all'officina dei Pullaeni la cui attività e diffusione dei prodotti sono testimoniate soprattutto nell'area dell'Africa Proconsolare; [28]tale ipotesi non è condivisa da tutti gli studiosi che ritengono il lavoro di Possessor legato all'officina degli Aeoli che ebbe sede nell'Italia centrale, in particolare nel Lazio a Roma e Ostia, e fu in piena attività nel I sec. d. C.. [29]

Bibliografia: BCom 1872-1873, p. 307 n. 123; MERCANDO 1962, p. 48 vetr. VIII n. 23 tav. III, 3; GUARDUCCI 1982, p. 122 n. 3, tav. 59, 3 e 4, Fig. 1,9.

12. Lucerna con scena di porto urn:collectio:0001:antcom:05158 .

(Carla Martini)

Inv. AntCom 5158. Argilla nocciola chiaro con tracce di vernice ocre. Lungh. cm. 15; largh. cm. 9,2; alt. cm. 3,2.

Lucerna con corpo rotondo, becco triangolare con due semivolute ed ansa forata; il fondo presenta una serie di anelli concentrici a rilievo; la spalla è stretta e piatta ed è separata dal disco da un anello a rilievo. La decorazione del disco è articolata in due registri ben distinti: nella parte superiore è raffigurata una città con edifici, tra i quali si distinguono porte monumentali, case, portici ed edifici rotondi, disposti su diversi piani prospettici e resi con particolari estremamente precisi. Nella parte inferiore del disco si vede una scena di pesca con due personaggi dei quali uno, sulla sinistra, è in piedi su un costone roccioso intento a pescare con una nassa mentre l'altro, sulla destra, è seduto dentro una piccola barca e tenta di staccare dalla lenza un pesce appena pescato. Sulla superficie superiore del becco c'è la raffigurazione stilizzata di un faro.

L'identificazione della città raffigurata è stata oggetto di una duplice interpretazione, Alessandria e Ostia, basata sull'analisi e riconoscimento degli edifici e sulla presenza del faro. [30]

Questa raffigurazione ritorna sia su lucerne del nostro tipo [31] sia su lucerne a volute con becco ogivale o su lucerne a becco tondo. [32]

La datazione del tipo e la identificazione dell'area di produzione sono piuttosto controverse; infatti, mentre la Joly [33] attribuisce la produzione ad officine romane dell'Italia centrale con inizio nel I sec. d. C e prosecuzione nel secolo successivo, ipotesi avvallata anche dalla Guarducci, [34] il Deneauve [35] propone di assegnare la produzione ad officine africane e propende per una datazione alla seconda metà del II sec. d. C.

Bibliografia: BCom 1872-1873, p. 307 n. 122; MERCANDO 1962, p. 35 n. 31 e p. 48 vetr. VIII n. 31, tav. X, 4; JOLY 1968, p. 46 n. 1, tav. 40a; GUARDUCCI 1982, p. 119 n. 5, tav. 55, 1-2.

13. Calamaio urn:collectio:0001:antcom:05170 .

(Carla Martini)

Inv. AntCom 5170. Argilla nocciola chiaro.

Lungh. cm. 17,5; largh. cm. 12; alt. cm. 7.

Oggetto di forma ovale con corpo a sezione bitroncoconica e superficie superiore piatta che presenta due grandi fori con bordo rilevato. Tra i fori una decorazione a rilievo composta da un fascio di elementi vegetali contrapposti, tra i quali spighe di grano, che scendono ai lati del fascio stesso formando una serie di piccole doppie volute.

Il fondo presenta una superficie piatta delimitata da una modanatura; al centro il bollo impresso dASAVGV entro tabula ansata.

Descritto come calamaio nel CIL, [36]trova confronto con un oggetto simile, conservato nel British Museum, [37]che si differenzia dal nostro per la presenza di due anse nella parte posteriore del corpo e che l'autore dubbiosamente identifica con un doppio portacandela.

Il bollo, di cui sono state proposte varie letture, [38]si riferisce al nome (Passenius Augurinus ?) del proprietario di una officina operante nei pressi di Roma tra il periodo tardo antonino ed il III sec. d. C.. [39]

Bibliografìa: BCom 1872-1873, p. 89 e p. 309 n. 141;CIL XV, 2, 6099.

B) OGGETTI DAL MONTE DELLA GIUSTIZIA RECUPERATI NEL 1872:

(Laura Ferrea)

14. Busto di satiro urn:collectio:0001:antcom:01630 .

Inv. AntCom 1630 Bronzo. Alt. cm. 13,2.

Busto di giovane satiro con pelle di animale gettata obliquamente attraverso il petto, lasciando scoperti parte del torace e la spalla sinistra. Il capo è rivolto a sinistra ed ha una capigliatura a larghe ciocche scomposte, cinta da una corona di pigne e ciuffi di aghi di pino alternati, i cui lunghi nastri scendono sulle spalle. L'accentuata espressività del volto è sottolineata dalla contrazione della muscolatura facciale; la natura ferina del satiro è messa in evidenza dalle lunghe orecchie appuntite e dalle piccole corna che spuntano sulla fronte. Sul petto alcune incisioni semicircolari disposte a girandola stanno ad indicare un ciuffo di peli.

Il profilo arrotondato del busto ed il soggetto dionisiaco identificano questo pezzo come decorazione del medaglione della spalliera di un letto tricliniare, che presupporrebbe perciò un altro elemento identico e speculare sull'altro lato del letto. Un busto di analogo soggetto e dimensioni nello Hessisches Lan-desmuseum di Darmstadt, della prima metà del II sec. d. C., porta invece una più consueta corona d'edera; [40]entrambi sono riconducibili a prototipi ellenistici, come il busto di satiro del relitto di Mahdià, del I sec. a. C.. [41]

Bibliografìa: LANCIANI 1872-1873 a, p. 7; BCom 1872-1873, p. 301 n. 10; STUART JONES 1926, p. 287 n. 4, tav. 117; COLINI 1929, tav. LXI.

15. Piede con sandalo urn:collectio:0001:antcom:01641 .

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 1641. Bronzo. Alt. cm. 6,5; lungh. piede cm. 8,5.

Piede sinistro, internamente cavo, calzato da un sandalo allacciato sul davanti con un fiocco; le stringhe si distaccano dalla suola ad intervalli regolari, passando anche tra le dita, e si collegano in alto con la fascia che circonda la caviglia. Il bordo superiore del pezzo, che raffigura anche l'inizio della gamba, è decorato da una fila di globetti. I fori sui due lati servivano per l'inserimento dei chiodini di fissaggio alla struttura del mobile, probabilmente in legno, di cui questo pezzo rivestiva il piede: ne resta ancora al suo posto uno, con testa sferoidale e stelo a sezione quadrata.

Rinvenimenti del genere, con sandali di diverse forme, non sono rari, [42]ma difficilmente la lavorazione è così raffinata ed accurata come in questo esemplare.

La marcata inclinazione all'indietro della gamba, riprendendo la direzione della zampa che vi era inserita, fornisce un indizio per la ricostruzione del mobile, forse un sedile o un piccolo tavolo; non c'è motivo di attribuire il pezzo ad un mobile pieghevole, anche perché le dimensioni sono un po' maggiori del consueto (cfr. cat. n. 3).

Bibliografia: LANCIANI 1872-1873 a, p. 7; BCom 1872-1873, p. 303 n. 46; STUART JONES 1926, pp. 295 n. 32, tav. 118.

16. Busto femminile diademato urn:collectio:0001:antcom:01636 .

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 1636. - Bronzo. Alt. cm. 11,5.

Busto femminile con chitone senza maniche, trattenuto sulle spalle da fermagli circolari; i capelli, spartiti al centro, sono pettinati all'indietro in un piatto rotolo coronato da un diadema semilunato, su cui poggiano sette elementi sferici regolarmente distanziati. Le orecchie sono in parte scoperte ed ornate da orecchini globulari; il naso è piuttosto rovinato. Nell'orbita incavata dei grandi occhi a mandorla doveva essere inserita un'incrostazione di altro materiale.

Il busto, tagliato sotto il seno, poggia su un elemento semicircolare desinente ai lati in una voluta, di diffìcile comprensione a causa delle cattive condizioni della superfìcie bronzea, ma che può forse essere identificato con una corona di foglie di alloro. [43]Un grande foro circolare sulla sommità del capo, nascosto dal diadema, serviva all'inserzione di un altro elemento, forse di legno o altro materiale deperibile. Alle spalle è collegato, obliquamente rispetto alla linea della schiena, un corpo quadrangolare cavo aperto sul retro e con un foro quadrato sul lato inferiore, per l'alloggiamento di due elementi lignei disposti ad angolo retto tra di loro. Tale particolarità, che conferisce al pezzo una funzione strutturale oltre che decorativa, trova ampi confronti in reperti bronzei di vario soggetto, riconosciuti come elementi di carro. [44]

Il pezzo è databile nell'ultimo quarto del II sec. d. C. sulla base delle analogie dell'acconciatura con quella documentata dai primi ritratti dell'imperatrice Crispina, dove i capelli, pettinati a melone con grande crocchia schiacciata, sono disposti in un piatto rotolo attorno al volto. [45]

Bibliografìa: LANCIANI 1872-1873 a, p. 7; BCom 1872-1873, p. 301 n 11; STUART JONES 1926, p. 287 n. 6, tav. 117 (con errata indicazione di provenienza dall'Esquilino); COLINI 1929, tav. LXI.

17. Ippopotami urn:collectio:0001:antcom:01601 .

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 1601, 1652 urn:collectio:0001:antcom:01652 . Bronzo. Lungh. cm. 20.

Si tratta di due pezzi uguali, destinati ad essere applicati su un medesimo oggetto, entrambi frammentari ed in differente stato di conservazione; pur simili nell'aspetto, sono stati eseguiti singolarmente, come dimostra la diversità nelle proporzioni delle diverse parti di ciascuno. Un elemento cilindrico incurvato cavo e liscio, di cui resta solo una minima porzione, si innesta in due calici vegetali stilizzati contrapposti, da cui emerge la parte anteriore di un ippopotamo con le zampe protese in avanti. Sotto al busto dell'animale è un corpo piramidale tronco, cavo all'interno, a cui è attaccato in basso un anello, mentre dall'orlo inferiore ingrossato si distacca sul davanti un gancio a forma di dito umano piegato verso l'alto; a causa della frammentarietà dei pezzi non è possibile verifìcare se ce ne fosse un altro sul lato opposto, come in oggetti simili. Non immediatamente comprensibile è la funzione di questi pezzi, che trovano puntuali riscontri per la forma incurvata e la disposizione dei vari elementi con altri esemplari rinvenuti, sempre in coppia, e che possono raffigurare anche cinghiali o tori; [46]uno di questi conserva ancora una zanna di elefante inserita nell'elemento al di sopra del calice vegetale [47] e per tale motivo è stato accostato ad amuleti per cavalli, di dimensioni molto minori ma di forma simile, con protome di animale e terminazione incurvata a zanna di cinghiale o con un vero dente inserito. [48]Gli sarebbe quindi attribuita una funzione apotro-paica oltre che decorativa e la collocazione più probabile sembra essere sul giogo di un carro, anche se non è ben chiara la funzione dei ganci e degli anelli; due elementi della stessa forma, ma senza decorazione figurata, sono stati infatti ritrovati a Thorembais-Saint-Trond in una tomba dove insieme ad altri oggetti di corredo erano deposti gli elementi di un carro e finimenti equini. [49]

Bibliografia: LANCIANI 1872-1873 a, p. 7; BCom 1872-1873, p. 304 nn. 67-68; STUART JONES 1926, pp. 291 n. 19, 292 n. 25, tav. 117 (con errata indicazione di provenienza da Villa Aldobrandini); MERCKLIN 1933, p. 127 nota 5 a. b.

18. Finimenti equini.

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 2144 urn:collectio:0001:antcom:2144 , 2148 urn:collectio:0001:antcom:02148 . - Bronzo. Alt. cm. 18; lungh. cm. 14; largh. cm. 12.

I due esemplari, uno dei quali è piuttosto ben conservato, sono uguali salvo per qualche minimo dettaglio. Il nasale a profilo semicircolare, che segue la curva del muso equino, ha una forma a losanga con una sferetta piena sui vertici minori ed una nervatura centrale a rilievo che lo divide in due nel senso della lunghezza. Ai lati, sotto agli occhielli ad anello per il fissaggio delle briglii e, è saldata una stanghetta a sezione circolare piena disposta ad angolo retto rispetto al nasale, la quale si ripiega poi all'indietro incurvandosi per adattarsi al profilo inferiore del muso del cavallo.

La relativa diffusione di questo tipo di finimenti equini nelle province occidentali dell'impero romano tra il I e la metà del III sec. d. C. è documentata da un'abbondante quantità di rinvenimenti, classifica­bili secondo precise tipologie. [50]

Bibliografia: LANCIANI 1872-1873 a, p. 7; BCom 1872-1873, p. 305 nn. 83-86.

C) AREA DELLA DOGANA MUNICIPALE:

20. Lare danzante urn:collectio:0001:antcom:14056 .

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 14056. - Bronzo. Alt. cm. 18.

Statuetta di lare danzante su base circolare sagomata con decorazione incisa a cerchi concentrici. Mancano entrambi gli avambracci e non sono quindi conservati gli oggetti rituali che il personaggio sorreggeva, ma in base al movimento delle braccia è possibile ipotizzare con sufficiente certezza che la mano destra sollevasse un corno potorio e la sinistra piegata in avanti sorreggesse con la mano aperta una patera. La tunica manicata, stretta in vita con morbido ricadere delle pieghe del tessuto a coprire la cintura, arriva all'altezza del ginocchio; la parte inferiore dell'abito aderisce alle gambe aprendosi ai lati a ventaglio per simulare gli effetti del movimento di danza, ma risulta un po' rigida ed innaturale. L'accentuata frontalità della figura, caratteristica di questo tipo di rappresentazioni che erano concepite per l'esposizione cultuale in nicchie od edicole, è sottolineata dalla lunga sciarpa (palla) che cinge le spalle e ricade in avanti sulle braccia con pieghe appiattite e senza spessore. Ai piedi porta alti calzari aperti. Il volto, dai tratti giovanili, è incorniciato da una folta capigliatura a corte ciocche disposte su due file, su cui poggia una corona d'alloro legata sulla nuca con due lunghissimi nastri, che ricadono in rigide ondulazioni sulle spalle. Anche in questo caso si deve presupporre l'esistenza di un'altra statuetta identica e speculare, venerata insieme a questa in un larario.

Bibliografia: BCom 1875, p. 252 n. 3; STUART JONES 1926, p. 286 n. 2, tav. 114.

21. Candelabro fitomorfo urn:collectio:0001:antcom:13682 .

(Laura Ferrea)

Inv. AntCom 13682. - Bronzo. Alt. cm. 113,5.

Candelabro portalucerne da pavimento con lungo fusto diritto, imitante schematicamente la forma di un ramo con gemme, e coronamento campaniforme; manca il piattello circolare che fungeva da piano di appoggio per una lucerna. Lo stelo, rastremato verso l'alto, è sostenuto da un treppiede con zampe incurvate, anch'esse fitomorfe, intervallate da foglie lanceolate, due delle quali sono frammentarie. Le gemme sono rappresentate in maniera piuttosto stilizzata, come rigonfiamenti cilindrici posti ad intervalli regolari sulle zampe e sul fusto.

Accanto a questo tipo era diffuso anche quello che imitava in maniera più naturalistica la struttura vegetale del ramo. Il coronamento a campana rappresenta una soluzione più tarda rispetto a quello formato da tre rametti che si aprivano a sorreggere il piattello; comunque i due coesistevano, come è indicato dal ritrovamento di esemplari con entrambi i tipi di terminazione nella casa del Menandro a Pompei [51] I numerosi esemplari rinvenuti a Pompei, Ercolano, Boscoreale ed in Africa sono datati fino all'inoltrato I sec. d. C.. [52]

Bibliografia: Inedito.

[1]

Le tracce di saldatura attualmente visibili sono da riferire ad un alto piede, non pertinente, che era stato applicato al pezzo qualche tempo dopo il rinvenimento.

[2]

TASSINARI 1993, N (coppe a conchiglia) pp. 81-82, 169-173; GORECKI 1990, p. 234 B 9-10, fig. 2 p. 239. L'esemplare più grande (diam. cm. 38,5) tra quelli di Pompei proviene dalla casa del Menandro, ma si caratterizza come vassoio da portata per la presenza di due manici mobili: MAIURI 1933, p. 368 n. 83, tav. LXII; v. anche nn. 83-84, pp. 368-369.

[3]

Per un altro bacino in bronzo a conchiglia delle stesse dimensioni, proveniente da Capua e donato da A. Castellani nel 1897 al Louvre, cfr. DE RIDDER 1915, p. 128 n. 2927, tav. 103.

[4]

Tesoro Kaiseraugst 1987, pp. 59-60, fig. 52 p. 56 (S. Martin-Kilcher), p. 100 n. 41 (A. Kaufmann-Heinimann).

[5]

Secondo il rapporto di scavo ne erano stati rinvenuti quattro: RT I (13/12/1872).

[6]

E' stata ritrovata nel 1907 a Nijmegen in una necropoli del I sec. d. C.; a differenza dei pezzi di Roma i piedini formano qui un angolo retto con le gambe della sedia: MOLS 1994, pp. 293-294, fig. 1

[7]

Archivio fotografico Ist. Archeologico Germanico di Roma Inst. neg. n. 1936.1132 (Roma, commercio antiquario).

[8]

BARR-SHARRAR 1980, p. 46, p. 45 nn. 18-19.

[9]

Per altri confronti v. LIMC II, 1, p. 524 nn. 167-171, II, 2 p. 396 s. v. Ares/Mars (E. Simon).

[10]

DE SPAGNOLIS 1983, pp. 45 ss..

[11]

VALENZA MELE 1981, pp. 160 ss..

[12]

DE SPAGNOLIS 1983, p. 46 n. 2.

[13]

Op. cit, pp. 45 ss..

[14]

VALENZA MELE 1981, pp. 160 ss..

[15]

DE SPAGNOLIS 1988, p. 219 n. 140, fìg. p. 222.

[16]

VALENZA MELE 1981, p. 23.

[17]

DE SPAGNOLIS 1988, pp. 217-218.

[18]

Op. cit...

[19]

VALENZA MELE 1981, p. 23.

[20]

VALENZA MELE 1981, Tipo 8, pp. 42ss; DE SPAGNOLIS 1988, pp, 55 ss.

[21]

BAILEY 1980, Q 1346 e Q 1347.

[22]

CIL XV, 2, 6656a..

[23]

CIL XV 2, 6656a, 2.

[24]

CIL XV, 2, 6656b, 3 e WALDHAUER 1914, n. 299.

[25]

Cfr. bibl..

[26]

N. inv. AntCom 5158.

[27]

DENEAUVE 1969, p. 210.

[28]

JOLY 1974, p. 94.

[29]

GUARDUCCI 1982, p. 126.

[30]

GUARDUCCI 1982.

[31]

DENEAUVE 1969, Tipo Xa

[32]

JOLY 1968.

[33]

Op. cit.

[34]

GUARDUCCI 1982.

[35]

DENEAUVE 1969, p. 210.

[36]

Vedi bibl..

[37]

BAILEY 1980, Q1124.

[38]

SOTGIU 1968, pp. 122-3.

[39]

BAILEY 1980, p. 99.

[40]

BARR-SHARRAR 1982, p. 28, tav. XIV, .2.

[41]

FUCHS 1963, pp. 31-32, tavv. 46-47.

[42]

MENZEL 1966, pp. 120-121 nn. 295-296, tav. 95; FAUDUET 1992, p. 35 n. 79, fìg. a p. 37; MOLS 1994, pp. 293-296.

[43]

Stuart Jones (in bibl.) parla invece di una base a forma di ali. Un simile elemento semicircolare terminante in volute è posto alla base di un grande busto di Minerva in bronzo (alt. cm. 92), trovato ad Augst nel 1978 e datato tra la seconda metà del II e gli inizi del III sec. d. C.: KAUFMANN-EINIMANN 1994, pp. 43-46 n. 41 tavv. 37-43.

[44]

Cfr. ad es. MERCKLIN 1933, figg. 10, 18-20; FLEISCHER 1967, p. 134 n. 178, tav. 94; PETIT 1980 p. 43 n. 6 .

[45]

V. il ritratto di Crispina da Villa Adriana nel Museo Nazionale Romano: CIOFFARELLI 1988, n. R243.

[46]

MERCKLIN 1933, pp. 127-128, v. spec. un esemplare ad Atene (fig. 46) con ippopotamo; un altro ippopotamo proviene da Munzach in Svizzera: KAUFMANN-EINIMANN 1977, p. 153 n. 271, tav. 171.

[47]

KAUFMANN-EINIMANN 1977, p. 153 n. 270, tavv. 168-170.

[48]

MERCKLIN 1933, pp. 125 ss. n. 18, fig. 45.

[49]

MARIËN 1994, pp. 24-26 n. 43 a-b fig. 11.

[50]

LAWSON 1978, pp. 140-143, tav. 50; per un esemplare da Pompei (I, 6, 12) identico a questi v. MINIERO 1991, p. 116 n. 7.

[51]

MAIURI 1933, pp. 433-434 a-b, fig. 165.

[52]

TESTA 1989, pp. 126-128.

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