In età augustea, a quanto è possibile ricostruire dalle fonti e
dalla documentazione epigrafica, l'intero territorio compreso tra la via
Labicana antica, l'aggere serviano e il limite poi rappresentato dalle
mura aureliane, fu occupato dagli Horti Tauriani, per un'estensione che è
stata calcolata intorno ai 36 ettari; ai limiti della proprietà, e lungo
il percorso della via Labicana, si trovava il sepolcreto di famiglia.
Forse è proprio per l'ampiezza della proprietà, per lo splendore della
villa e per la vicinanza con la zona di ingresso a Roma di numerosi
acquedotti - strategicamente molto delicata per la difesa della città -
che gli Horti di Statilio Tauro suscitarono la cupidigia di Agrippina,
moglie di Claudio, che istigò Tarquinio Prisco ad accusare il senatore
prima di concussione e poi di pratiche magiche. Tauro non aspettò il
verdetto del Senato e preferì suicidarsi permettendo così all'imperatore
di incamerare i suoi beni (53 d.C.).
Dopo il passaggio della proprietà in mano imperiale essa fu di nuovo
smembrata, in favore di Epaphrodito e Fallante (liberti rispettivamente di
Claudio e Nerone), per poi in parte riconfluire sotto Gallieno (253-268
d.C.) negli Horti Liciniani. Presso i confini occidentali dell'area furono
rinvenuti i resti di un edificio che, attraverso i nomi scritti sulle
fistulae aquariae, può essere riferito a Vettio Agorio Pretestato
(praefectus Urbi del 367-368 d.C.) e a sua moglie Fabia Aconia Paulina. Un
muro trovato nell'area e costruito, come verificato in molti altri casi
sull'Esquilino, con frammenti di sculture, ha restituito una straordinaria
messe di materiali. Le sculture rinvenute in questa zona possono essere
attribuite alle varie fasi di vita degli horti: nella Sala IV si ricordano
soprattutto la splendida statua di Igea; per stile e dimensioni le può
essere avvicinato il busto di divinità femminile, riconoscibile come
Artemide, copia di un originale, attribuito a Kephisodotos, del IV secolo
a.C. trovato nelle vicinanze e probabilmente facente parte dello stesso
gruppo; simile nelle proporzioni anche una terza statua trovata nella
stessa zona e trasformata, alla fine dell'Ottocento, in Roma Cristiana per
decorare la sommità della torre capitolina. Un'ambientazione all'interno
di una residenza immersa nel verde sembra particolarmente appropriata per
le opere esposte nella Sala V: la statua di mucca, forse parte di un
gruppo pastorale, è probabilmente copia della famosissima statua in bronzo
di uguale soggetto creata da Mirone per l'Acropoli di Atene e portata a
Roma ali'epoca di Vespasiano.
Ben inseribili nella decorazione di un giardino sono anche i
rilievi: uno, particolarmente raffinato, rappresenta un paesaggio sacro
con un santuario circondato da alte mura, mentre gli altri due, purtroppo
frammentari, sono di manifattura neoattica e rappresentano le quadrighe di
Helios (il sole) e Selene (la luna) che corrono una incontro all'altra.
Alla decorazione dei giardini della villa devono essere riferiti i due
grandi crateri decorati rispettivamente con scene relative al mondo
dionisiaco e con la raffigurazione delle nozze di Paride ed Elena, mentre
alla fase imperiale degli horti devono essere attribuiti gli splendidi
ritratti di Adriano, Sabina e Matidia, rinvenuti nella demolizione dei
muri tardoantichi degli Horti Tauriani collocati in galleria.
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