Nella grande sala, che assunse le dimensioni attuali in seguito alla
ristrutturazione michelangiolesca del palazzo, si riuniva il Consiglio
Pubblico; essa è tuttora sede di importanti cerimonie: si ricorda qui la
firma del Trattato di Roma del 1956, atto primo e fondante dell'Unione
Europea. Nel 1595 venne commissionato al pittore Giuseppe Cesari, detto il
Cavalier d'Arpino, l'esecuzione del nuovo ciclo di affreschi in
sostituzione del precedente, in gran parte ormai perso. Il Cesari, che vi
lavorò con l'aiuto della sua bottega, concepì il ciclo come arazzi stesi
lungo le pareti: nei lati corti una pesante tenda rossa, trattenuta da
Telamoni, ricade sulle scene; nei lati lunghi i diversi episodi sono
divisi da fasce verticali decorate con splendidi festoni di frutta e
fiori, trofei di armi e vasi lustrali; alla base corre un fregio di finto
marmo con medaglioni monocromi che raffigurano episodi di storia romana in
relazione con il tema dell'affresco sovrastante. Il Cavalier d'Arpino,
rifacendosi alle storie della nascita di Roma e dei primi re narrate dallo
storico romano Tito Livio nei suoi Ab urbe condita libri, eseguì in
diversi momenti gli episodi del Ritrovamento della Lupa (1595-1596), della
Battaglia contro i Veienti e i Fidenati (1598-1601), del Combattimento
degli Orazi e Curiazi (1612-1613).
Al termine dell'esecuzione di questi primi affreschi i lavori
conobbero una lunga interruzione e vennero ripresi solo nel 1636 per
concludersi nel 1640, con l'esecuzione degli ultimi tre episodi: il Ratto
delle Sabine, Numa Pompilio istituisce il culto delle vestali e Romolo
traccia il solco della città quadrata. Nella sala, fin dal secondo
decennio del XVI secolo, furono collocate statue di Pontefici, evidente
segno del riconoscimento dell'autorità papale. Alcune di queste sono state
allontanate per le alterne vicende storielle. Tuttora vi si trovano due
magnifiche sculture, una in marmo raffigurante Urbano Vili Barberini
(1623-1644), opera eseguita da Gian Lorenzo Bernini e aiuti tra il 1635 e
il 1640, l'altra realizzata in bronzo da Alessandro Algardi in onore di
Innocenzo X Pamphilj (1644-1655) tra il 1646 e il 1650. Nel 1643, ultimo
anno del pontificato di papa Barberini, la sala fu completata con tre
porte in noce intagliato, con stemmi e grandi formelle quadrangolari
raffiguranti scene allegoriche ed episodi leggendari della fondazione di
Roma e della prima età regia, attribuite agli scultori e intagliatori
Giovan Battista Olivieri e Giovanni Maria Giorgetti.
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