Il Tabularium, l'Archivio dell'antica Roma
Nel I
secolo a.C. sulle pendici del colle capitolino che degradano verso il
Foro Romano
fu costruita un'imponente struttura in opera quadrata e cementizia
all'interno
della quale ebbe sede il Tabularium,
l'antico
archivio romano. Nonostante
l'imponenza e l'importanza della costruzione, non si hanno notizie da
fonti
letterarie su questo edificio: esse sono pertanto desumibili
esclusivamente dalla
lettura diretta delle strutture superstiti, la cui interpretazione è
resa difficile dalla
continuità d'uso che le ha sempre caratterizzate. In età romana,
forse flavio-traianea, il Tabularium
subì
un consistente intervento in seguito al quale la galleria inferiore
venne occupata da un condotto idrico e venne abbandonata la scala
verso il
Foro. Contemporaneamente il Tempio di Veiove fu dotato di una volta
in muratura.
Nelle
epoche successive al periodo romano il Tabularium
non
sembra essere stato saccheggiato dai predatori e dai cavapietre che
contribuirono a distruggere gli altri edifici del colle, ma abitato e
fortificato. Su di esso è stato poi costruito il Palazzo Senatorio,
sede del Senato Romano, costituito nel, 1144, e del suo capo
simbolico, il Senatore. Il Palazzo Senatorio è stato ampliato e
modificato nel corso dei secoli e i diversi ambienti di età romana
sono stati variamente utilizzati a seconda delle esigenze che via via
si manifestavano: essi hanno ospitato la "salara del
Campidoglio"
fino al XVII secolo, cucine, staUe e servizi del Senatore, prigioni
per i detenuti
in attesa di giudizio del tribunale senatorio.
La
riscoperta del monumento romano inizia nell'Ottocento, prima con gli
scavi nel Foro
Romano che rimisero in luce i templi di Vespasiano e Tito e della
Concordia ai piedi
del Tabularium, poi con gli sterri degli ambienti interni.
Negli anni
a cavallo della metà del secolo, in seguito alla trasformazione
generale delle
competenze e della struttura burocratica del Comune di Roma, in
particolare in seguito alla soppressione del tribunale senatorio e
delle relative prigioni, vengono
eseguiti grandi lavori di adattamento dell'edificio alle nuove
esigenze amministrative. Vengono pertanto realizzati uffici nei piani
superiori, ora nettamente
separati dagli ambienti pertinenti al monumento romano: di questi
ultimi
faceva parte anche la galleria di Sisto IV, alla quale si accedeva
esclusivamente dalla galleria sul fronte del Foro.
La volontà
di valorizzare il monumento romano e di collegare i tre palazzi
capitolini con una galleria sotterranea porta, alla fine degli anni
Trenta, a grandiosi lavori di ristrutturazione
che vedono in particolare l'apertura di due arcate della galleria sul
Foro
e la scoperta del Tempio di Veiove nella galleria di Sisto IV. Gli
allarmi destati dal
continuo degrado degli antichi muri e dal pericolo di slittamento di
tutto il complesso hanno portato, negli ultimi venti anni, alla
realizzazione di una nutrita serie di indagini, sulla base delle
quali è stato elaborato un progetto di restauro inserito in un più
ampio piano di ristrutturazione di tutto il complesso del Palazzo
Senatorio.
Il Tabularium,
che
deriva il suo nome dalle tabulae
di
bronzo nelle quali venivano
incise le leggi e gli atti ufficiali, è stato identificato
all'inizio del XV secolo sulla
base di una iscrizione letta da Poggio Bracciolini e poi andata
perduta; l'iscrizione,
molto rovinata e scritta in lettere antiche, si poteva leggere presso
la '"salara" del Campidoglio, all'interno del Palazzo
Senatorio. Da essa si evinceva che Quinto Lutazio Catulo, durante il
suo consolato, nell'anno 78 a.C., aveva eseguito il collaudo
della substmctio
e del
Tabularium.
Un'iscrizione analoga è stata
trovata nel secolo scorso dal Canina incisa in alcuni blocchi di tufo
pertinenti a una piattabanda e da lui ricollocata nel corridoio su
via di San Pietro in Carcere; quest'ultima ricorda soltanto il
collaudo del 78 a.C. e il nome del collaudatore, non quello
dell'edificio.
La
costruzione del Tabularium
è
stata messa in relazione con l'incendio che, nell'83 a.C.,
devastò il Tempio di Giove Capitolino e in seguito al quale venne
affidato, allo stesso
Quinto Lutazio Catulo, il compito di restaurare il grande tempio:
compito che egli completò durante la sua censura, nel 65 a.C.; in
questi anni egli fu probabilmente aiutato da quel Lucio Cornelio,
ricordato in un'iscrizione funeraria, che fu prefetto del genio e
architetto proprio negli anni del consolato e della censura di
Lutazio Catulo. A giudicare dai resti degli edifici preesistenti si
ha la sensazione che il Tabularium abbia modificato le pendici del
colle in modo sostanziale, realizzando un'unica, robusta struttura a
rinforzo del pendio, costituito in quest'area da terreni argillosi;
il nucleo centrale del Tabularium
risulta
così articolato in vani di fondazione che danno luogo a
terrazzamenti lungo il pendio del colle. La struttura è poi
attraversata da una ripida scala che giunge fino al piano del Foro
Romano, sul quale si apriva con una porta in travertino. I muri, in
opera cementizia, presentano verso l'esterno un rivestimento in
blocchi
sistemati alternativamente per testa e per taglio in pietra gabina o
in tufo rosso. L'articolazione
dell'edificio risulta piuttosto complessa e di non facile lettura
anche per la perdita dei livelli superiori, distrutti o inclusi nelle
posteriori costruzioni, e di tutto il fronte nord-ovest sull'attuale
piazza. L probabile che ci fosse infatti almeno un
altro piano sopra la galleria sul Foro, come sembra di poter dedurre
dalla presenza, nell'area forense ai piedi del monumento e forse da
questo crollati, di alcuni
capitelli in travertino; a questo piano doveva condurre una scala,
purtroppo assai
mal conservata, che saliva dai pressi del Tempio di Veiove.
Un'ulteriore anomalia
è costituita dall'originale angolo rientrante che il suo perimetro,
grossomodo
rettangolare, forma in corrispondenza del preesistente Tempio di
Veiove.
La visita
II lato
sud-ovest, sull'attuale via del Campidoglio, presenta un muro pieno,
in opera quadrata di pietra gabina, ben conservato tra le torri
medioevali di Bonifacio IX e il contrafforte che chiude la galleria;
al centro di esso, inquadrata da due specchiature rettangolari
incassate nella superficie, si apre una grande nicchia quadrangolare,
della
quale è stata ritrovata e lasciata in vista la soglia in travertino;
specchiature e nicchia
sembrano voler alleggerire, con un effetto di chiaroscuro, l'aspetto
massiccio del muro pieno; non è però escluso che la loro presenza
fosse condizionata da strutture esistenti nell'area antistante.
Scavi
eseguiti nella sede stradale nei primi anni Ottanta hanno evidenziato
le fondazioni di un poderoso muro in pietra gabina che fronteggiava
il Tabularium
al
di là di una strada, già individuata nell'Ottocento per la presenza
dei basoli ancora in
situ e sicuramente
preceduta da una strada di età repubblicana e forse da una ancora
più antica. All'interno della nicchia, sulla cui parete di fondo
rimangono tracce di uso in età posf-antica, è stato ricavato in
tempi moderni l'accesso al Tabularium
e
alla grande galleria. Quest'ultima si apre sul Foro Romano con arcate
inquadrate da semicolonne di ordine dorico in pietra gabina, con
capitelli e architrave in travertino; sia le arcate sia le estremità
sono state chiuse in epoche successive. La galleria era coperta da
volte a padiglione, delle quali rimane un unico esempio originale
nell'ultima campata verso via di San Pietro in Carcere. Arcate
separano la galleria da una serie di ambienti interni, tre su un
lato, due sull'altro di una parete piena in blocchi di pietra gabina;
su quest'ultima l'erosione eolica ha prodotto effetti molto
particolari. Al centro di essa una porta moderna permette l'accesso a
un grande vano di fondazione, immediatamente alle spalle della
galleria. I vani di fondazione dovevano essere originariamente chiusi
su tutti i lati e forse interrati, almeno in parte: le pareti sono
infatti costituite dalla semplice opera cementizia priva di fodera e
sono spesso visibili nella muratura i segni delle tavole della
centina e i successivi getti di calcestruzzo.
Sterri
eseguiti negli anni Trenta hanno riportato alla luce i resti di un
edificio precedente al Tabularium,
forse
realizzato nell'ambito della seconda metà del II secolo a.C.; di
esso si conserva parte del pavimento di un ambiente in mosaico bianco
e nero, dal quale si accedeva, attraverso una soglia in travertino, a
una terrazza, forse perticata, caratterizzata da un pavimento in
scaglie di calcare bianco con inserzioni irregolari di pietre
colorate. Saggi di scavo realizzati nei primi anni Ottanta hanno
messo in luce una cisterna foderata in cocciopesto obliterata da
questo edificio. Percorrendo la scala e attraversando uno stretto
ambiente si giunge sulla passerella, montata in occasione dei recenti
lavori, che sovrasta i resti del Tempio di Veiove. Il tempio, votato
nel 196 a.C. dal console Lucio Furio Purpurione in seguito alla
vittoriosa battaglia di Cremona contro i Galli Boi, venne dedicato
nel 192 a.C. L'edificio attuale è una ricostruzione più o meno
coeva al Tabularium,
con
restauri di età flavia. Esso è caratterizzato da una cella più
larga che profonda su alto podio foderato di lastre di travertino; la
cella presenta muri in blocchi di tufo di Grotta Oscura e conserva la
soglia in travertino: un piccolo pronao con quattro colonne contiene
un'ara anepigrafe ed è raggiungibile tramite una breve scala; il
tempio è rivolto a occidente, verso la pendice del Capitolium.
In
età flavia è stata realizzata una volta in muratura, a sostegno
della quale sono stati realizzati piloni in laterizi; marmi colorati
e stucchi dipinti decoravano il pavimento e le pareti della cella. È
ben visibile, lungo i lati posteriore e sinistro del tempio, e quasi
a ridosso di essi, il muro in blocchi di tufo rosso pertinente alla
costruzione del Tabularium,
alla
vicinanza del quale si deve la mirabile conservazione delle
modanature del podio in travertino.
Proprio
sopra i consistenti resti del tempio fu realizzata, nel Medioevo, la
rampa che dalla piazza saliva ai piani superiori del Palazzo
Senatorio: questo ha preservato l'area dagli appetiti dei cavapietre
e ha permesso di trovare, durante gli scavi degli anni Trenta, nella
stessa
cella dove era stata originariamente collocata, la grande statua di
culto del dio. Tornando indietro, si raggiunge di nuovo la galleria.
Lo spazio di una campata è stato
utilizzato nel XVTII secolo per una scala, l'impronta della quale è
visibile sul coevo intonaco
bianco; essa univa i piani superiori e gli alloggi del Senatore con
la galleria; grazie al consistente interro che si era accumulato a
ridosso del muro del Tabularium,
era
possibile uscire verso il Foro tramite la vicina arcata, unica
rimasta sempre aperta. Due grandi frammenti delle trabeazioni del
Tempio della Concordia e di quello di Vespasiano e Tito sono stati
rimontati nell'Ottocento sulle pareti: essi sono frutto degli scavi
realizzati all'inizio del secolo ai piedi del Tabularium.
Il
frammento del Tempio della
Concordia, pertinente al restauro del tempio operato da Tiberio,
mostra particolare eleganza e delicatezza degli intagli marmorei,
tipiche del periodo iniziale del principato di
Augusto, il
frammento del Tempio di Vespasiano e Tito, dal caratteristìco
chiaroscuro e
dalla particolare plasticità dei rilievi, raffigura nel fregio
oggetti di culto e strumenti sacrificali,
tra i quali si notano il bucranio, la patera, il copricapo,
l'aspersorio, la brocca, il coltello. L'ambiente dove è montato il
cornicione del Tempio di Vespasiano e Tito era originariamente
chiuso da un muro di fondo in corrispondenza dell'arco. Quest'ultimo
è stato
realizzato in epoca imprecisata per la necessità di collegare la
galleria sul Foro con quella di Sisto IV; il collegamento è esistito
fino ai lavori del 1939. Nel successivo vano di fondazione è stata
sistemata la statua di culto del dio Veiove, rinvenuta negli scavi
del 1939.
Di altezza doppia del vero, la statua, purtroppo acefala, è ricavata
da un unico blocco di marmo bianco. Il dio è raffigurato secondo
un'iconografia giovanile, nudo ma con la spalla e il braccio sinistri
avvolti da un ampio mantello che, con pieghe larghe e piatte, arriva
fino a terra. Simile iconografia presentano alcune statuette in
bronzo e alcune
monete repubblicane, già identificate con il dio italico Veiove. Di
quest'ultimo non
è chiaro il carattere, per alcuni maligno, per altri benevolo, né
il suo rapporto con Giove,
a cui il dio è legato sia dagli attributi, i fulmini e la capra,
caratteristici delle due divinità,
sia dal nome simile. E stata recentemente proposta una datazione
della statua in età sillana, coeva quindi alla costruzione del
Tabularium.
L'ultimo
ambiente permette di ammirare da vicino il lato posteriore del podio
del Tempio
di Veiove attraverso due varchi nel muro del Tabularium,
realizzati
al momento dello
scavo. Tornando indietro verso la galleria, attraverso un'apertura
realizzata per esigenze di comunicazione, è possibile osservare uno
degli ambienti del fronte sud-est del
Tabularium.
Questi
ultimi, a due piani, si affacciavano su un corridoio di disimpegno
chiuso
da un muro in opera quadrata in parte ancora esistente; proprio a una
piattabanda
di questo corridoio appartiene l'iscrizione di Lutazio Cattilo. Il
vano, del quale nel corso del recente restauro è stato possibile
recuperare l'originario pavimento in scaglie di calcare bianco,
presenta ancora gran parte dell'originario intonaco che copriva le
pareti di tufo nonché l'originaria volta in muratura. Simili
caratteristiche presentano i due vani affiancati a esso sul lato
nord, mentre in quello sul lato sud inizia una scala che permette
di scendere verso la galleria inferiore. Quest'ultima corre lungo il
fronte del Foro
Romano, verso il quale si apre con finestre rettangolari; tramite una
porta, poi obliterata, si raggiungeva un edificio del Foro. In età
flavia la galleria è stata occupata da un
condotto idrico con copertura "a cappuccina", del quale
rimangono alcuni tratti. E stata
poi utilizzata, forse come magazzino, e di questa fase rimangono gli
stipiti di due porte. Il pavimento attuale è stato portato a un
livello inferiore di quello originario e la volta è stata
probabilmente alzata: il corridoio doveva essere pertanto più
angusto e particolarmente basso. Del fronte nord-ovest del
Tabularium,
verso
l'attuale piazza del Campidoglio, si conservano pochi resti, dai
quali si deduce che esso, dopo la rientranza in corrispondenza del
Tempio di Veiove, proseguiva parallelamente al fronte sud-est.
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